Il cosiddetto programma di cashback (inglesismo d’ordinanza) “è una cagata pazzesca”, direbbe il Rag. Ugo Fantozzi. E la BCE non ha tardato a comunicarlo al Governo italiano con la lettera a diffusione pubblca del 14 dicembre. In attesa delle inevitabili conseguenze e della probabile impugnazione anche da parte della Commissione Europea, ecco i principali punti critici che vanno ben oltre i rilievi sinora mossi dalla BCE.
La misura è incostituzionale. Essa infatti crea disparità tra categorie di cittadini quali gli abbienti e meno abbienti, i vecchi e giovani, quelli che curano la loro privacy e coloro che la svendono per un tozzo di pane. Eccetera. La misura resta pertanto esposta a ricorsi alla Corte Costituzionale.
La misura rappresenta un aiuto di stato vietato dai trattati europei. Essa tende infatti ad aumentare i profitti di alcune categorie come banche, società finanziarie, emittenti delle carte, gestori dei sistemi necessari alla gestione di carte. Eccetera. Ci espone quindi ad una procedura di infrazione della Commissione Europea che probabilmente non tarderà ad arrivare.
La misura rappresenta una ulteriore breccia nella riservatezza dei cittadini. I dati personali e finanziari, senz considerare quelli eventualmente sensibili connessi alle transazioni, che questi vanno a registrare sui sistemi in uso verranno conservati su server negli Stati Uniti (chissa perché poi…), dove non vigono le stringenti regole europee, anzi. Su tali sistemi ogni eventuale intervento correttivo e/o a contrasto di eventuali violazioni sarà impossibile.
Gli appunti della BCE sono in parte sovrapponibili ai precedenti e mirati a garantire la difesa della moneta unica, compito principale della BCE che rappresenta l’unica autorità monetaria in Europa.
“La BCE desidera ricordare che ai sensi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è tenuto ad agire, tra l’altro, conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse”. E queste finalità non sono evidentemente assicurate dal decreto sul cashback.
“La raccomandazione della Commissione 2010/191/UE17 prevede che l’accettazione dei pagamenti in contanti debba costituire la norma (…). Sarebbe necessario dimostrare che le limitazioni che incidono sul corso legale delle banconote in euro siano efficaci per conseguire le finalità pubbliche che legittimamente si intende raggiungere attraverso tali limitazioni. Dovrebbe quindi sussistere una chiara prova che il meccanismo di cashback consenta, di fatto, di conseguire la finalità pubblica della lotta all’evasione fiscale. Le limitazioni dirette o indirette ai pagamenti in contanti dovrebbero altresì essere proporzionate agli obiettivi perseguiti e dovrebbero limitarsi a quanto necessario per conseguire tali obiettivi”.
La “chiara prova” in questione non è sta fornita dal Governo e difficlmente potrà esserlo in futuro. Sul fronte della discriminazione sociale, la BCE esprime le seguenti considerazioni.
Dovrebbe inoltre tenersi presente che la possibilità di pagare in contanti rimane particolarmente importante per taluni gruppi sociali che, per varie legittime ragioni, preferiscono utilizzare il contante piuttosto che altri strumenti di pagamento. Il contante è altresì generalmente apprezzato come strumento di pagamento in quanto, quale corso legale, è ampiamente accettato, è rapido e agevola il controllo sulla spesa di chi paga. Costituisce, inoltre, un mezzo di pagamento che consente ai cittadini di regolare istantaneamente un’operazione ed è l’unico metodo di regolamento in denaro della banca centrale e al valore nominale per il quale non sussiste la possibilità giuridica di imporre tariffe per il suo utilizzo. In aggiunta, i pagamenti in contanti non richiedono un’infrastruttura tecnica funzionale e relativi investimenti.”
Infrastruttura invece richiesta dai pagamenti elettronici, il cui costo è a carico di esercenti e contribuenti e la cui stabiità e sicurezza non è mai garantita appieno.
Infine “in questo contesto, la BCE ritiene che l’introduzione di un programma cashback per strumenti di pagamento elettronici sia sproporzionata alla luce del potenziale effetto negativo che tale meccanismo potrebbe avere sul sistema di pagamento in contanti e in quanto compromette l’obiettivo di un approccio neutrale nei confronti dei vari mezzi di pagamento disponibili”.
Pertanto il disprezzo e la noncuranza con cui il ministro Gualtieri ha accolto la lettera della BCE è fuori luogo. Meglio non sottovalutare gli effetti di questa posizione e di quelle in arrivo, con relative conseguenze a carico della collettività, preparando una seria strategia di difesa o, meglio, rinunciando a questa iniqua misura di pura propaganda a beneficio di pochi tra cittadini e imprese.