COVID-19: il business e le ipotesi di malaffare sui test sierologici in Lombardia

Gambini, già commissario della Lega a Varese

La magistratura italiana continua a scoperchiare i presunti affari sporchi intorno alla “psicodemia” legata al COVID-19. Mentre spuntano gli immancabili legami con il partito che gestisce la sanità lombarda da decenni. E siamo solo all’inizio.

 

Indagati a Pavia i vertici della Diasorin (che vinse l’appalto con la Regione Lombardia, da cui partì l’esposto che costrinse il presidente del comitato tecno-scientifico Fausto Baldanti a dimettersi per la percentuale che l’azienda garantiva al suo ospedale, il S. Matteo) e del Policlinico San Matteo per peculato e e turbata libertà nella scelta del contraente. All’epoca dell’adozione del test senza gara, furono esclusi altri operatori con “metodologie già validate o in possesso di marchiatura Ce, a differenza di Diasorin”, il cui utilizzo fu oggetto di “esplicite diffide da parte dell’Assessorato regionale alla sanità e dalle Ats regionali e provinciali che vi avevano fatto ricorso”.

L’ipotesi è che i test, la cui efficacia è sempre rimasta in dubbio, furono sviluppati dall’ospedale e ‘regalati’ alla Diasorin, la quale retrocedeva royalties dll’1% (perlomento quelle già accertate) all’ospedale del virologo Baldanti.

Immancabilmente spunta l’ombra della Lega di Salvini. Secondo i pm di Pavia “occorre riferire che la Diasorin spa, oltre alla sede di Saluggia (Vercelli) ha uffici nell’Insubrias Biopark a Gerenzano (Varese)”. Nel decreto di perquisizione è scritto che nel polo scientifico tecnologico, “si trova la sede legale della Fondazione Istituto insubrico il cui direttore generale è Andrea Gambini, già commissario della Lega varesina e presidente della Fondazione IRCCS Carlo Besta”. Per la Fondazione Diasorin è “un cliente di primo piano”. Gambini è anche presidente del Cda di Servire srl –che si occupa di manutenzione di “macchinari per la ricerca biotecnologica” (socio unico è la stessa Fondazione Istituto Insubrico). Nel 2018, Servire srl dichiara “un volume d’affari ” pari a 1,3 milioni e per i giudici si “conferma” lo “stretto rapporto con la società di diagnostica”.